lunedì 19 gennaio 2009

Riflessioni sui giovani e la politica

Quanti dei miei giovani coetanei pensano che la politica li riguardi, rendendosi partecipe dei loro problemi, delle loro ambizioni, dei loro bisogni?
E’ una domanda che mi faccio spesso; la risposta?
Pochi, pochissimi, mentre la maggior parte di loro vive nella totale indifferenza dalla politica.
Ma questo comportamento non fa parte dell’animo giovanile; Mazzini diceva che i giovani sono pieni d’ira e d’amore, e non si sbagliava.
Non siamo scansafatiche, buoni a nulla, bamboccioni; milioni di ragazzi si impegnano quotidianamente nell’ambito scolastico, in quello lavorativo, in quello sociale, in quello sportivo con infinita passione e sacrificio, raggiungendo ottimi traguardi.
Purtroppo c’è nell’aria un diffuso senso di rassegnazione che si allarga a macchia d’olio da persona in persona, creato da quegli imbecilli che continuano a trasmetterci la sfiducia nelle istituzioni.
I vari guru mediatici, stile Grillo e Travaglio, hanno contribuito alla trasformazione della percezione del ruolo della politica nella vita dei cittadini: una volta era vista come “l’arte del governar la polis”, oggi come il più malfamato dei mestieri.
Che la condotta dei nostri politici abbia pesantemente contribuito a questo cambio d’opinione è una verità sacrosanta; ma non è colpa del mestiere, è colpa di chi l’esercita.
Penso che le nuove generazioni abbiano un’urgente bisogno d’essere guidate con ottimismo, nello stesso modo in cui un padre prende per mano il proprio figlio mentre muove i primi passi fra mille pericoli.
Questo deve fare la politica: infondere fiducia e creare le condizioni per cui, chi vuol camminare con le proprie gambe, possa farlo.
Mazzini risvegliò un popolo inerte, mostrandogli che avrebbe ottenuto libertà ed indipendenza solo tramite l’impiego delle proprie forze; a noi giovani d’oggi manca quel magnifico esempio.

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